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Terapia dell'esposizione: cos'è e a che cosa serve

Pratiche alternative

Come ridurre ansia e attacchi di panico con un metodo che vede il paziente come parte attiva

Sanihelp.it – 

L’ansia può essere qualcosa di davvero invalidante, soprattutto per chi la provi in situazioni di vita quotidiana.

Se la terapia, e il ricorso ad uno specialista, sono le strade migliori da perseguire per i casi di ansia più o meno specifici, sarà essenziale anche trovare la terapia che possa portare maggiori risultati.

Una di queste è la terapia di esposizione, un metodo che ha come obiettivo quello di ridurre gradualmente i sintomi dell’ansia.

Con questa espressione si vuole fare riferimento ad una tecnica di terapia comportamentale che porta il soggetto a confrontarsi attivamente con le proprie paure.

Essenzialmente, la terapia di esposizione cerca di contrastare il comportamento classico di chi soffra d’ansia, cioè quello di evitare le situazioni che provochino paura.

Tra le terapie di esposizione si evidenziano diverse tecniche, a partire da quella dell’esposizione prolungata.

Questa aiuta soprattutto nei casi di stress post traumatico e prevede di esporre il soggetto ad uno stimolo che lui ritiene fonte della sua ansia, cercando di associare elementi positivi a quella situazione.

Si trova, poi, la terapia di esposizione graduale, che vede il soggetto confrontarsi con l’elemento che gli provoca meno paura, fino ad arrivare a quello che lo porti davvero a sperimentare l’ansia.

Ogni forma di terapia di esposizione dovrà sempre essere realizzata da uno specialista, ma proprio grazie alla collaborazione tra il paziente e lo psicologo, o psichiatra, la buona riuscita della rieducazione del soggetto sembra essere davvero ottima in tantissimi casi.

Le sedute possono durare un’ora o anche un’ora e mezza, anche se la vera e propria esposizione può prendere un massimo di 15 minuti per seduta.


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