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    Lo scienziato mite convinto dai suoi studenti

    La prima cosa che ti colpisce quando incontri Warren Cairns è la sua limpidezza. Cinquantaquattro anni appena compiuti, inconfondibile accento british mischiato a un ottimo italiano. È difficile immaginarsi quest’uomo ben vestito arrampicato su un traliccio a esporre uno striscione di Extinction Rebellion, oppure col volto dipinto mentre sfila a una protesta per il clima.

    E infatti precisa subito:

    Sono un dipendente pubblico. Di professione ricercatore al Cnr e davanti a certe azioni faccio un passo indietro. Non ho il coraggio dei giovani che si arrampicano o che si calano per colorare i canali di verde. Però li appoggio, perché alla fine, dopo vent’anni, ho capito che dovevo agire anche io.

    Dopo anni di ricerca, un dottorato all’Università di Plymouth, due spedizioni antartiche alla stazione Concordia, decine di pubblicazioni sull’inquinamento chimico e insegnamenti all’Università Cà Foscari, oggi Cairns concentra le sue ricerche lavorando per l’Istituto di Scienze Polari del Cnr.

    Warren Cairns, 54 anni, docente dell’università Ca’ Foscari e ricercatore Cnr. Ha incontrato Extinction Rebellion nel 2018 sul web e iniziato il suo attivismo nel 2022. Partecipa solo ad azioni autorizzate e a basso rischio (foto di Karim El Maktafi)  LEGGI TUTTO

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    La mamma che insegna a non chiudere gli occhi

    Se Naida combatte è anche per fuggire dalla normalizzazione, per evitare di finire in quell’esercito di “zombie che sanno ma non fanno niente”. Si batte per informare gli altri, per una rivoluzione dal basso “per l’ambiente e i diritti”, per far capire che “se sai, se conosci quanto sta accadendo al mondo con la crisi del clima, allora non puoi più stare fermo, devi agire”. Ora che da un anno e mezzo è diventata madre, questo concetto vale ancora di più: c’è l’urgenza di “essere testimone per mio figlio, di lasciare in eredità il mio impegno”.

    Naida Samonà, 42 anni, è una delle fondatrici di Extinction Rebellion Palermo. Il suo percorso non nasce da esigenze strettamente legate all’ambiente, ma “dai diritti e le battaglie politiche e sociali”. È cresciuta in una famiglia dove l’attenzione per la natura c’è sempre stata, “i miei genitori mi hanno educato alla stagionalità del cibo, a piantare alberi nella Sicilia delle colate di cemento, eppure prima di approdare a Extiction Rebellion non avevo ancora una visione sistemica, di come ambiente e diritti siano così strettamente collegati”.

    Naida Samonà, 42 anni, siciliana, un figlio piccolo. Un passato di precariato, è laureata in Storia dell’arte e insegna. Fondatrice di Extinction Rebellion Palermo (foto di Karim El Maktafi)  LEGGI TUTTO

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    Rabbia, speranza e festa per vincere la sfida

    Elisa è una scienziata sociale con un motto di Emma Goldman stampato nella testa, “se non la posso ballare non è la mia rivoluzione”. Una ragazza di 25 anni che si è stufata del nero che ingloba tutto e vuole mostrare i colori, la “speranza”, anche quella per un mondo con un altro clima, per un Pianeta in cui tutti i movimenti si battono uniti. C’è un episodio, nella sua vita da attivista, che racchiude meglio di altri la volontà, con colori e parole, di convincere le persone ad unirsi al ballo della sua rivoluzione. Venezia, Ponte di Rialto, qualche mese fa: Elisa Zanoni è a testa in giù mentre aiuta Margherita, la sua coinquilina, a calarsi verso un canale dove sverserà fluoresceina per colorarlo di verde senza ripercussioni sull’ambiente.

    Elisa Zanoni 25 anni, veneta, laureata in Studi internazionali con un focus su crisi climatica e attivismo, ricercatrice del Cnr. In Extinction Rebellion dal 2019. L’ultima sua azione è stata versare liquido verde nel Canal Grande dal Ponte di Rialto (foto di Karim El Maktafi)  LEGGI TUTTO

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    Lo sputo contro il vento

    Chi sputa contro vento si sta sputando in faccia. Stanno così le cose tra la specie umana e il Pianeta di cui è ospite. Ma ospite è definizione che le va stretta e si è attribuita la proprietà della terra con quello che c’è al di sopra e al di sotto. Nella scrittura sacra la divinità assegna alla specie dell’Adàm il titolo di forestiero e di inquilino, “perché mia è la terra”, dice. È data in comodato d’uso, regolata da due verbi: lavorare e custodire.

    Per maggiore garanzia e perché non si abusi del permesso di sfruttamento, la divinità impone la pausa di una settima porzione di tempo con obbligo di interruzione di ogni attività. Il sabato non è istituito per il riposo umano, ma per concedere un respiro alla terra. Un giorno su sette, un anno su sette, per sollievo.

    Queste antiche condizioni di soggiorno sono state cancellate dalla pressione sul Pianeta da parte della specie che definisce se stessa: sapiens. A me lettore, quelle pagine spiegano i limiti oltrepassati, l’invasione di campo nell’intima biologia del mondo. Il vocabolo greco oikos, ambiente, domicilio, forma la parola ecologia. Oggi è percepita come una lontana eco che ripete a cantilena un canto funebre. Gli ecologisti sono considerati profeti di sciagure.Da bambino ho potuto trascorrere periodi estivi al mare. Ho molto giocato con la sabbia. Da bambino napoletano, invece di castelli, costruivo vulcani. Un buco passante permetteva di far uscire fumo dalla cima. Alla fine del giorno non c’era bisogno di rimettere a posto la sabbia, ci pensavano le onde a liberarla dalle forme inventate dal gioco.Anche le fitte orme dei bagnanti venivano pareggiate. Era una lezione che ho imparato più tardi a riconoscere e apprezzare. La specie umana è impronta sulla sabbia.In alta montagna posso vedere com’era e come sarà il mondo senza la specie sapiens.

    “La vita, mia cara, senza di noi è pensabile”, scrive il poeta Brodskij. Il suo verso sta per me a epigrafe di quello che vedevo da bambino tornando alla spiaggia il giorno dopo.

    In anni adulti ho fatto l’operaio in edilizia, all’epoca in cui il lavoro manuale costava meno di una betoniera. Si lavorava con la pala lo scarico del camion di sabbia da rigirare a secco con il cemento e poi con l’acqua per l’impasto. Serviva alla gettata di solai, travature, pavimenti.

    Vedevo i metri cubi di sabbia tolti da chissà quale greto di fiume, lago o sponda di mare, materia prima dei miei giochi estivi: ora costretta a imprigionarsi dentro una forma rigida. In edilizia la sabbia è inclusa tra i materiali definiti inerti. Non lo è, sapevo di no. Era un errore, prima che un insulto. Era fatta di sgretolamenti di gusci, di lische, di vita marina assortita. La sabbia è biologia e biografia della terra. Definirla inerte permette la licenza di disporne a oltranza.

    Questa breve storia personale della sabbia mi fa da esempio dello sfruttamento delle materie vive della terra.In anni recenti si è manifestata una parte di gioventù allarmata dalle conseguenze climatiche. Sentono che il loro futuro non è individuale. Non è  più individuale la domanda: “Cosa farò da grande?”. Le loro età successive sono inesorabilmente connesse a quella dell’intero pianeta. Sentono che il prossimo avvenire non ha verbi al futuro, ma al presente indicativo e in fine di frase presenta l’appuntito gancio del punto interrogativo: “?”

    Questa parte di nuova gioventù sente di dover inventare una risposta e di assumersene responsabilità, che è voce del verbo rispondere.

    Sceglie di manifestarsi con forme insolenti d’intervento, imbrattature lavabili, interruzioni di circolazione. Disturbano ma in modo rigorosamente inoffensivo.

    È isolata, come il profeta Giona che grida il finimondo per le vie della lussuosa e incurante città di Ninive.

    È una gioventù che ha smesso la docilità e accetta di farsi insultare e processare, compromettendo il proprio avvenire con condanne penali. Sta alla sbarra da imputata ma non si difende, non si dichiara innocente: assume su di sé il compito di testimonianza.

    Non possiede la massa critica necessaria per avviare la reazione a catena del consenso.

    Accetta l’emarginata missione della profezia.Alla guida del mondo c’è la più scadente selezione di anzianità,  incapace d’intendere il futuro. Se ne sta accovacciata sul presente come su uova non gallate, che non si schiuderanno. Fa invece marcire il tempo utile del mondo a ravvedersi e provvedere.

    Questa nuova gioventù presenta all’ordine del giorno del mondo il verbo convertire, più forte e profondo delle misure palliative di contenimento delle emissioni.Questa gioventù anticipa le prossime generazioni che inventeranno l’economia delle riparazioni dei torti, degli abusi commessi a danno della vita del Pianeta.Questa gioventù grida come Giona dentro Ninive. Ninive lo ascoltò e la sua rovina annunciata fu revocata.Oppure la terra si riprenderà da sola i sabati negati, tutti insieme e con gli interessi di mora. LEGGI TUTTO

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    Inquinamento da polveri sottili, in metropolitana raddoppia

    Una rampa di scale in discesa, la biglietteria, i tornelli. E poi giù, nel ventre affollato, rumoroso e grigio della grande città, dove i convogli si susseguono, fendendo, con i loro occhi lucenti, il buio. Milano, Roma, Napoli, ma anche Londra, Berlino, Parigi. Qui, come nella maggior parte delle metropolitane del mondo, la qualità dell’aria è pessima. Anzitutto perché quella presente viene prelevata dall’esterno, attraverso griglie poste a livello del suolo, ed è quindi già carica delle particelle inquinanti di superficie, che derivano da attività industriali, traffico stradale, concentrazione urbana. A questo particolato si sommano poi le polveri sottili generate dalla stessa metro, attraverso frenate, usura di ruote e rotaie, sgretolamento delle coperture delle gallerie, passaggio dei convogli.

    Il report

    In Italia 18 città fuorilegge per lo smog: gli standard europei per la qualità dell’aria sono lontani

    di Cristina Nadotti

    08 Febbraio 2024

    Il doppio di particelle per chi va in metro

    Vari studi mirati a valutare l’atmosfera si sono svolti nella metropolitana della capitale francese, come ha recentemente raccontato Jean-Baptiste Renard, ricercatore dell’Università di Orléans, su The Conversation. L’ultima sua ricerca ha esaminato le concentrazioni di PM 2,5, particelle di diametro inferiore o uguale a 2,5 micrometri (un micrometro equivale a un millesimo di millimetro), introducendo il concetto di inquinamento in eccesso, cioè correlato unicamente alla metro, che si ottiene sottraendo ai valori dei sotterranei quelli dell’aria esterna vicina. L’esperto ha, quindi, effettuato le misurazioni nelle ore di punta, utilizzando appositi sensori mobili, in tutte le stazioni della metro della Ville Lumière e poi in superficie. Ebbene, dai dati è emerso un valore medio di circa 15 microgrammi per metro cubo nei sotterranei e di 15 microgrammi all’esterno. Il che significa, in pratica, che gli utenti della metropolitana raddoppiano la loro esposizione quotidiana alle particelle sottili rispetto a chi si muove senza utilizzare questo mezzo. Inoltre, è stato calcolato che un’ora e mezza in ambienti sotterranei aumenta l’esposizione giornaliera di un utente di 1 micrometro per metro cubo. “Si tratta di un valore medio”, sottolinea Renard, “che può essere più elevato nelle linee metropolitane più inquinate e nelle stazioni poco ventilate”.

    L’emergenza

    “Milano paragonata a Delhi per l’inquinamento atmosferico: la crisi del clima non aiuta a respirare”

    di Giacomo Talignani

    19 Febbraio 2024

    Lo studio cinese sui metalli

    Altre ricerche si sono focalizzate sulla composizione del particolato nei sotterranei. Una di queste è stata pubblicata nel 2021 su Environmental Research e condotta, nell’estate e nell’inverno del 2019, nella metropolitana di Nanchino, in Cina. Tra i principali costituenti metallici delle particelle sono stati rintracciati ferro, rame, manganese, stronzio e vanadio, evidenziando che i lavoratori della metro erano esposti a livelli più elevati di queste sostanze rispetto ai pendolari. Il ferro è risultato l’elemento più abbondante, rappresentando circa l’80% del totale. In particolare, l’esposizione media giornaliera a questo metallo è stata di 15,5 microgrammi per metro cubo per gli addetti e di 2 microgrammi per gli utenti. I lavoratori sono stati esposti a ferro, rame, manganese, stronzio-vanadio a livelli rispettivamente otto volte, quattro volte, tre volte, due volte superiori rispetto a quelli dei pendolari.

    I dati

    Inquinamento atmosferico, solo in 7 Paesi su 134 l’aria è pulita: la classifica IQAir

    di Giacomo Talignani

    19 Marzo 2024

    Nuovi standard europei

    In tutto ciò, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha recentemente dato un giro di vite, pubblicando i nuovi obiettivi per il PM 2,5 nell’atmosfera: cinque microgrammi per metro cubo in media nell’arco dell’anno e 15 microgrammi come limite massimo quotidiano. Per avvicinarsi a queste raccomandazioni, nel febbraio 2024 la Commissione europea ha abbassato la media annuale tollerata da 25 microgrammi per metro cubo a 10. “Gli standard di qualità dell’aria attualmente riguardano solo gli ambienti esterni”, hanno fatto notare alcuni esperti. “Sembra, tuttavia, ragionevole, alla luce delle rilevazioni, proporre di estendere monitoraggio e normative alle metropolitane, dato che il trasporto pubblico sotterraneo è utilizzato quotidianamente da un gran numero di utenti”. In attesa di un adeguamento legislativo, meglio adottare le strategie che consentirebbero di migliorare l’aria sotterranea: rallentare la velocità dei treni in presenza di curve strette e pendenze elevate; utilizzare sistemi di ventilazione intelligenti per controllare lo scambio tra le masse d’aria esterne e quelle sotterranee; usare purificatori d’aria; installare porte per banchine, utili, oltre che per la sicurezza dei passeggeri, anche per ridurre l’ingresso dell’aria contaminata dei tunnel nella piattaforma; effettuare manutenzione e pulizia di notte. Infine, una buona idea per utenti e operai della metro è quella di indossare mascherine chirurgiche, dispositivi in grado di diminuire in modo significativo l’esposizione alle particelle metalliche in sospensione, che numerosi studi scientifici hanno associato a malattie oncologiche, cardiovascolari, respiratorie. LEGGI TUTTO

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    Rimuovere i nidi di rondini è un reato, ma c’è il modo per evitare i danni

    I loro voli in picchiata e i loro garriti sono sempre più rari da vedere e ascoltare, sia in campagna sia in ambienti urbani. Le rondini in Italia e in Europa sono sempre meno: come riportano anche i dati dell’Atlante della migrazione degli uccelli in Italia di Ispra, dal ’70 al 90 del secolo scorso le popolazioni europee di rondini “hanno subito un declino demografico generalizzato del 20-60% in molti Paesi, con tendenza recente alla stabilità”. Cifre più aggiornate in possesso della Lipu, elaborate con Rete rurale nazionale, confermano che dal 2000 al 2023 la popolazione in Italia è scesa del 50%. Ed è un dramma, perché, precisa Federica Luoni, responsabile agricoltura per la Lipu, “le rondini sono il simbolo di tutte le problematiche legate al cambio climatico e al modello di agricoltura intensiva”.

    Di fronte a questa emergenza, ci sono comuni come Belluno che possono fregiarsi dell’appellativo di “città delle rondini”, perché la comunità si mobilita per proteggere i nidi, e altre, come Prato, dove il Comune deve ricorrere alle vie legali contro un condominio per far rimuovere reti e dissuasori installati per impedire la nidificazione. Perché se il volo delle rondini è bello da vedere, i loro nidi non sono sempre bene accetti per la quantità di guano che finisce sulle pareti degli edifici e per terra. Le rondini, infatti, se prima costruivano il nido all’entrata di caverne, scogliere marine o sotto i rami degli alberi, oggi nidificano quasi esclusivamente in luoghi creati o modificati dall’uomo, principalmente sotto i tetti. LEGGI TUTTO

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    I giovani i più in ansia per la crisi climatica: “Ma la piazza non basta, agiscano i governi”

    Per gli italiani di ogni età tutela dell’ambiente e qualità della vita sono sempre più legate e la generazione Z, i nati tra il 1996 e il 2010, sono i più preoccupati per la crisi climatica. La ricerca commissionata a Swg da Green&Blue (il content hub di Repubblica dedicato a transizione ecologica e ambiente) in occasione della Giornata mondiale della Terra conferma l’ecoansia dei più giovani e la difficoltà dei ceti più fragili a vedere opportunità nella green economy e nella politiche per la tutela ambientale. Dimostrano questa tendenza le risposte a una domanda sulla recente direttiva sulle Case Green approvata dall’Ue, per rendere le abitazioni in Europa a emissioni zero entro il 2050: sebbene la maggioranza la consideri una misura giusta, il 65% sarebbe in difficoltà nell’applicarla e 1 su 3 è del tutto contrario, con marcate differenze per appartenenza politica. Eppure, soprattutto tra i Millennials, le donne, gli elettori di centro-sinistra e i più istruiti, un intervistato su due apre a future politiche ambientaliste più severe.

    LEGGI IL DOSSIER SULLA GIORNATA DELLA TERRA

    Ci sono molte conferme e qualche sorpresa in questa ricerca, che convalida l’impressione che dove si fa fatica per arrivare a fine mese occuparsi dell’ambiente e fare scelte buone per sé e per il Pianeta è più difficile, se non impossibile. C’è anche, rispetto agli anni precedenti, un senso di sfiducia, di una battaglia che, anche chi combatte con fervore, teme sempre più di perdere (lo pensano sei su dieci) perché si sente poco sostenuto dalla politica nelle sue scelte individuali. Eppure, la convinzione che tra tutela dell’ambiente e qualità della vita ci sia una connessione strettissima accomuna tutte le generazioni, con i boomers su tutti. I giovani, come detto, sono i più preoccupati per la crisi climatica, un timore secondo soltanto a quello delle sorti del sistema sanitario. Sono i nati tra il 1965 e il 1980, la cosiddetta Gen X, a dichiararsi meno in ansia per l’ambiente (il 28%, contro il 40% dei giovanissimi e il 37% degli anziani). LEGGI TUTTO