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    La non violenza come stile di vita

    Marco è un precursore. Uno di quelli che si esponeva nella lotta alla mafia prima ancora delle bombe e della strage di Capaci. Era fra le fila di chi con la campagna “Oro nero” denunciava già diciassette anni fa la netta correlazione fra le emissioni delle compagnie petrolifere e la crisi del clima. Oppure di coloro che portavano avanti le battaglie ecologiste nella Sicilia dilaniata dagli abusi. Negli anni ha cambiato associazioni e movimenti, ma il suo faro guida è sempre lo stesso.

    La lotta alle ingiustizie attraverso la non violenza. Davanti a ogni ingiustizia, anche climatica, mi chiedo sempre: cosa posso fare io per cambiare le cose?.

    Marco Siino ha 52 anni ed è un attivista di Extinction Rebellion Palermo. Nella sua vita ha studiato Pianificazione territoriale urbanistica e ambientale a Venezia, ha fatto vari lavori in ambito impiegatizio, nel sociale e fino a poco tempo fa lavorava come caregiver.

    Marco Siino, 52 anni, siciliano. Ha un passato da obiettore di coscienza, animatore di movimenti antimafia e lotte sociali. Ambientalista ante litteram, è diventato un attivista di Extinction Rebellion grazie a un amico (foto di Karim El Maktafi)  LEGGI TUTTO

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    La scintilla è scoccata con l’esempio di Greta

    Marta Maroglio è un vulcano. Ha solo 20 anni, ma la direzione che ha scelto è chiarissima: come fosse lava, intende continuare ad agire giorno dopo giorno, ora dopo ora, per “parlare di clima e coinvolgere sempre più persone nella causa. Io ho la mia convinzione: dobbiamo essere una enorme massa di persone che si batte contro l’inazione alla crisi del clima. Solo così la politica ci ascolterà davvero”. La sua energia, la stessa che mette quando – da climber – si arrampica magari per issare qualche striscione di Extinction Rebellion o per guidare una protesta, è quella che molti altri attivisti riconoscono di lei. Questa forza magmatica che esce da Marta è frutto di un percorso maturato fra i banchi di scuola e poi accelerato grazie alla figura di Greta Thunberg.

    Nata a Piossasco, in provincia di Torino, oggi Marta studia Scienze politiche ambientali nel capoluogo lombardo ed è diventata una attivista di Extinction Rebellion Milano. La sua attenzione per l’ambiente inizia fin da piccola: “Ero interessata alla natura. Amavo la montagna e gli animali ma allora non avevo alcuna consapevolezza a livello climatico”.

    Crescendo a scuola comincia a leggere libri, ad informarsi sul tema. Ma è in seconda superiore che arriva la svolta, che scocca quella scintilla “che mi ha portato ad attivarmi” dice Marta. Ad illuminarla è l’azione di Greta: “Guardavo quei primi scioperi per il clima di questa ragazza che aveva più o meno la mia età e pensavo che stava parlando di temi che non erano abbastanza noti, che avevano bisogno di essere conosciuti”. Così nel 2019 in Marta scatta qualcosa:

    Non mi interessava più solo l’ambiente ma anche il clima, i suoi  problemi e le sue cause. Mi rendevo conto che non se ne parlava molto. Più mi informavo, più tutto mi sembrava grave. Così ho deciso di voler fare la mia parte mentre in me è cominciato a nascere anche un forte senso di preoccupazione. Mi chiedevo perché, se le emissioni continuano a salire, nessuno affronta il problema? Perché nessuno risponde all’allarme?.

    E quelle domande si trasformano in un senso di paura, “di una preoccupazione che potrei definire ecoansia, anche se non posso diagnosticarla da sola” racconta Maroglio che, facendo tesoro di quel sentimento, decide di trasformarlo in azione.

    “Avevo notato che Fridays For Future Italia si stava diffondendo. Così mi sono impegnata con FFF a Pinerolo, poi a Torino e infine a Milano, dove studio. Ma sentivo, al di là dei cortei e degli scioperi per il clima, di dover fare di più”. La casa in cui sperimentare il “di più” diventa, oltre un anno fa, Extinction Rebellion Milano. “Mi sono avvicinata a XR perché credo nella disobbedienza civile non violenta,  nelle azioni dirompenti che possono far ragionare le persone” spiega Marta, che spesso per Extinction Rebellion ha anche il ruolo di “arrampicatrice”, vista la sua passione per la montagna. Quando può agire per il clima, dice, si sente felice.

    Anzi direi molto felice, sento che sto davvero facendo la mia parte. Solo che vorrei sempre più persone al mio fianco nelle nostre iniziative, azioni che evidentemente fanno paura vista la repressione con cui sono colpite…

    Il riferimento è all’aumento “assurdo” delle multe che possono colpire gli attivisti, oppure ai fogli di via o agli interventi delle forze dell’ordine di cui “non capisco davvero il senso, dato che se ci esponiamo, se manifestiamo, è per il bene di tutti”.

    Marta Maroglio, 20 anni di Piossasco (TO), studentessa. Impegnata a Milano con i giovanissimi di Extinction Rebellion. Da brava climber è sempre pronta a scalare palazzi e monumenti per issare gli striscioni di XR (foto di Karim El Maktafi)  LEGGI TUTTO

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    Lo scienziato mite convinto dai suoi studenti

    La prima cosa che ti colpisce quando incontri Warren Cairns è la sua limpidezza. Cinquantaquattro anni appena compiuti, inconfondibile accento british mischiato a un ottimo italiano. È difficile immaginarsi quest’uomo ben vestito arrampicato su un traliccio a esporre uno striscione di Extinction Rebellion, oppure col volto dipinto mentre sfila a una protesta per il clima.

    E infatti precisa subito:

    Sono un dipendente pubblico. Di professione ricercatore al Cnr e davanti a certe azioni faccio un passo indietro. Non ho il coraggio dei giovani che si arrampicano o che si calano per colorare i canali di verde. Però li appoggio, perché alla fine, dopo vent’anni, ho capito che dovevo agire anche io.

    Dopo anni di ricerca, un dottorato all’Università di Plymouth, due spedizioni antartiche alla stazione Concordia, decine di pubblicazioni sull’inquinamento chimico e insegnamenti all’Università Cà Foscari, oggi Cairns concentra le sue ricerche lavorando per l’Istituto di Scienze Polari del Cnr.

    Warren Cairns, 54 anni, docente dell’università Ca’ Foscari e ricercatore Cnr. Ha incontrato Extinction Rebellion nel 2018 sul web e iniziato il suo attivismo nel 2022. Partecipa solo ad azioni autorizzate e a basso rischio (foto di Karim El Maktafi)  LEGGI TUTTO

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    La mamma che insegna a non chiudere gli occhi

    Se Naida combatte è anche per fuggire dalla normalizzazione, per evitare di finire in quell’esercito di “zombie che sanno ma non fanno niente”. Si batte per informare gli altri, per una rivoluzione dal basso “per l’ambiente e i diritti”, per far capire che “se sai, se conosci quanto sta accadendo al mondo con la crisi del clima, allora non puoi più stare fermo, devi agire”. Ora che da un anno e mezzo è diventata madre, questo concetto vale ancora di più: c’è l’urgenza di “essere testimone per mio figlio, di lasciare in eredità il mio impegno”.

    Naida Samonà, 42 anni, è una delle fondatrici di Extinction Rebellion Palermo. Il suo percorso non nasce da esigenze strettamente legate all’ambiente, ma “dai diritti e le battaglie politiche e sociali”. È cresciuta in una famiglia dove l’attenzione per la natura c’è sempre stata, “i miei genitori mi hanno educato alla stagionalità del cibo, a piantare alberi nella Sicilia delle colate di cemento, eppure prima di approdare a Extiction Rebellion non avevo ancora una visione sistemica, di come ambiente e diritti siano così strettamente collegati”.

    Naida Samonà, 42 anni, siciliana, un figlio piccolo. Un passato di precariato, è laureata in Storia dell’arte e insegna. Fondatrice di Extinction Rebellion Palermo (foto di Karim El Maktafi)  LEGGI TUTTO

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    Rabbia, speranza e festa per vincere la sfida

    Elisa è una scienziata sociale con un motto di Emma Goldman stampato nella testa, “se non la posso ballare non è la mia rivoluzione”. Una ragazza di 25 anni che si è stufata del nero che ingloba tutto e vuole mostrare i colori, la “speranza”, anche quella per un mondo con un altro clima, per un Pianeta in cui tutti i movimenti si battono uniti. C’è un episodio, nella sua vita da attivista, che racchiude meglio di altri la volontà, con colori e parole, di convincere le persone ad unirsi al ballo della sua rivoluzione. Venezia, Ponte di Rialto, qualche mese fa: Elisa Zanoni è a testa in giù mentre aiuta Margherita, la sua coinquilina, a calarsi verso un canale dove sverserà fluoresceina per colorarlo di verde senza ripercussioni sull’ambiente.

    Elisa Zanoni 25 anni, veneta, laureata in Studi internazionali con un focus su crisi climatica e attivismo, ricercatrice del Cnr. In Extinction Rebellion dal 2019. L’ultima sua azione è stata versare liquido verde nel Canal Grande dal Ponte di Rialto (foto di Karim El Maktafi)  LEGGI TUTTO

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    Lo sputo contro il vento

    Chi sputa contro vento si sta sputando in faccia. Stanno così le cose tra la specie umana e il Pianeta di cui è ospite. Ma ospite è definizione che le va stretta e si è attribuita la proprietà della terra con quello che c’è al di sopra e al di sotto. Nella scrittura sacra la divinità assegna alla specie dell’Adàm il titolo di forestiero e di inquilino, “perché mia è la terra”, dice. È data in comodato d’uso, regolata da due verbi: lavorare e custodire.

    Per maggiore garanzia e perché non si abusi del permesso di sfruttamento, la divinità impone la pausa di una settima porzione di tempo con obbligo di interruzione di ogni attività. Il sabato non è istituito per il riposo umano, ma per concedere un respiro alla terra. Un giorno su sette, un anno su sette, per sollievo.

    Queste antiche condizioni di soggiorno sono state cancellate dalla pressione sul Pianeta da parte della specie che definisce se stessa: sapiens. A me lettore, quelle pagine spiegano i limiti oltrepassati, l’invasione di campo nell’intima biologia del mondo. Il vocabolo greco oikos, ambiente, domicilio, forma la parola ecologia. Oggi è percepita come una lontana eco che ripete a cantilena un canto funebre. Gli ecologisti sono considerati profeti di sciagure.Da bambino ho potuto trascorrere periodi estivi al mare. Ho molto giocato con la sabbia. Da bambino napoletano, invece di castelli, costruivo vulcani. Un buco passante permetteva di far uscire fumo dalla cima. Alla fine del giorno non c’era bisogno di rimettere a posto la sabbia, ci pensavano le onde a liberarla dalle forme inventate dal gioco.Anche le fitte orme dei bagnanti venivano pareggiate. Era una lezione che ho imparato più tardi a riconoscere e apprezzare. La specie umana è impronta sulla sabbia.In alta montagna posso vedere com’era e come sarà il mondo senza la specie sapiens.

    “La vita, mia cara, senza di noi è pensabile”, scrive il poeta Brodskij. Il suo verso sta per me a epigrafe di quello che vedevo da bambino tornando alla spiaggia il giorno dopo.

    In anni adulti ho fatto l’operaio in edilizia, all’epoca in cui il lavoro manuale costava meno di una betoniera. Si lavorava con la pala lo scarico del camion di sabbia da rigirare a secco con il cemento e poi con l’acqua per l’impasto. Serviva alla gettata di solai, travature, pavimenti.

    Vedevo i metri cubi di sabbia tolti da chissà quale greto di fiume, lago o sponda di mare, materia prima dei miei giochi estivi: ora costretta a imprigionarsi dentro una forma rigida. In edilizia la sabbia è inclusa tra i materiali definiti inerti. Non lo è, sapevo di no. Era un errore, prima che un insulto. Era fatta di sgretolamenti di gusci, di lische, di vita marina assortita. La sabbia è biologia e biografia della terra. Definirla inerte permette la licenza di disporne a oltranza.

    Questa breve storia personale della sabbia mi fa da esempio dello sfruttamento delle materie vive della terra.In anni recenti si è manifestata una parte di gioventù allarmata dalle conseguenze climatiche. Sentono che il loro futuro non è individuale. Non è  più individuale la domanda: “Cosa farò da grande?”. Le loro età successive sono inesorabilmente connesse a quella dell’intero pianeta. Sentono che il prossimo avvenire non ha verbi al futuro, ma al presente indicativo e in fine di frase presenta l’appuntito gancio del punto interrogativo: “?”

    Questa parte di nuova gioventù sente di dover inventare una risposta e di assumersene responsabilità, che è voce del verbo rispondere.

    Sceglie di manifestarsi con forme insolenti d’intervento, imbrattature lavabili, interruzioni di circolazione. Disturbano ma in modo rigorosamente inoffensivo.

    È isolata, come il profeta Giona che grida il finimondo per le vie della lussuosa e incurante città di Ninive.

    È una gioventù che ha smesso la docilità e accetta di farsi insultare e processare, compromettendo il proprio avvenire con condanne penali. Sta alla sbarra da imputata ma non si difende, non si dichiara innocente: assume su di sé il compito di testimonianza.

    Non possiede la massa critica necessaria per avviare la reazione a catena del consenso.

    Accetta l’emarginata missione della profezia.Alla guida del mondo c’è la più scadente selezione di anzianità,  incapace d’intendere il futuro. Se ne sta accovacciata sul presente come su uova non gallate, che non si schiuderanno. Fa invece marcire il tempo utile del mondo a ravvedersi e provvedere.

    Questa nuova gioventù presenta all’ordine del giorno del mondo il verbo convertire, più forte e profondo delle misure palliative di contenimento delle emissioni.Questa gioventù anticipa le prossime generazioni che inventeranno l’economia delle riparazioni dei torti, degli abusi commessi a danno della vita del Pianeta.Questa gioventù grida come Giona dentro Ninive. Ninive lo ascoltò e la sua rovina annunciata fu revocata.Oppure la terra si riprenderà da sola i sabati negati, tutti insieme e con gli interessi di mora. LEGGI TUTTO

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    Inquinamento da polveri sottili, in metropolitana raddoppia

    Una rampa di scale in discesa, la biglietteria, i tornelli. E poi giù, nel ventre affollato, rumoroso e grigio della grande città, dove i convogli si susseguono, fendendo, con i loro occhi lucenti, il buio. Milano, Roma, Napoli, ma anche Londra, Berlino, Parigi. Qui, come nella maggior parte delle metropolitane del mondo, la qualità dell’aria è pessima. Anzitutto perché quella presente viene prelevata dall’esterno, attraverso griglie poste a livello del suolo, ed è quindi già carica delle particelle inquinanti di superficie, che derivano da attività industriali, traffico stradale, concentrazione urbana. A questo particolato si sommano poi le polveri sottili generate dalla stessa metro, attraverso frenate, usura di ruote e rotaie, sgretolamento delle coperture delle gallerie, passaggio dei convogli.

    Il report

    In Italia 18 città fuorilegge per lo smog: gli standard europei per la qualità dell’aria sono lontani

    di Cristina Nadotti

    08 Febbraio 2024

    Il doppio di particelle per chi va in metro

    Vari studi mirati a valutare l’atmosfera si sono svolti nella metropolitana della capitale francese, come ha recentemente raccontato Jean-Baptiste Renard, ricercatore dell’Università di Orléans, su The Conversation. L’ultima sua ricerca ha esaminato le concentrazioni di PM 2,5, particelle di diametro inferiore o uguale a 2,5 micrometri (un micrometro equivale a un millesimo di millimetro), introducendo il concetto di inquinamento in eccesso, cioè correlato unicamente alla metro, che si ottiene sottraendo ai valori dei sotterranei quelli dell’aria esterna vicina. L’esperto ha, quindi, effettuato le misurazioni nelle ore di punta, utilizzando appositi sensori mobili, in tutte le stazioni della metro della Ville Lumière e poi in superficie. Ebbene, dai dati è emerso un valore medio di circa 15 microgrammi per metro cubo nei sotterranei e di 15 microgrammi all’esterno. Il che significa, in pratica, che gli utenti della metropolitana raddoppiano la loro esposizione quotidiana alle particelle sottili rispetto a chi si muove senza utilizzare questo mezzo. Inoltre, è stato calcolato che un’ora e mezza in ambienti sotterranei aumenta l’esposizione giornaliera di un utente di 1 micrometro per metro cubo. “Si tratta di un valore medio”, sottolinea Renard, “che può essere più elevato nelle linee metropolitane più inquinate e nelle stazioni poco ventilate”.

    L’emergenza

    “Milano paragonata a Delhi per l’inquinamento atmosferico: la crisi del clima non aiuta a respirare”

    di Giacomo Talignani

    19 Febbraio 2024

    Lo studio cinese sui metalli

    Altre ricerche si sono focalizzate sulla composizione del particolato nei sotterranei. Una di queste è stata pubblicata nel 2021 su Environmental Research e condotta, nell’estate e nell’inverno del 2019, nella metropolitana di Nanchino, in Cina. Tra i principali costituenti metallici delle particelle sono stati rintracciati ferro, rame, manganese, stronzio e vanadio, evidenziando che i lavoratori della metro erano esposti a livelli più elevati di queste sostanze rispetto ai pendolari. Il ferro è risultato l’elemento più abbondante, rappresentando circa l’80% del totale. In particolare, l’esposizione media giornaliera a questo metallo è stata di 15,5 microgrammi per metro cubo per gli addetti e di 2 microgrammi per gli utenti. I lavoratori sono stati esposti a ferro, rame, manganese, stronzio-vanadio a livelli rispettivamente otto volte, quattro volte, tre volte, due volte superiori rispetto a quelli dei pendolari.

    I dati

    Inquinamento atmosferico, solo in 7 Paesi su 134 l’aria è pulita: la classifica IQAir

    di Giacomo Talignani

    19 Marzo 2024

    Nuovi standard europei

    In tutto ciò, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha recentemente dato un giro di vite, pubblicando i nuovi obiettivi per il PM 2,5 nell’atmosfera: cinque microgrammi per metro cubo in media nell’arco dell’anno e 15 microgrammi come limite massimo quotidiano. Per avvicinarsi a queste raccomandazioni, nel febbraio 2024 la Commissione europea ha abbassato la media annuale tollerata da 25 microgrammi per metro cubo a 10. “Gli standard di qualità dell’aria attualmente riguardano solo gli ambienti esterni”, hanno fatto notare alcuni esperti. “Sembra, tuttavia, ragionevole, alla luce delle rilevazioni, proporre di estendere monitoraggio e normative alle metropolitane, dato che il trasporto pubblico sotterraneo è utilizzato quotidianamente da un gran numero di utenti”. In attesa di un adeguamento legislativo, meglio adottare le strategie che consentirebbero di migliorare l’aria sotterranea: rallentare la velocità dei treni in presenza di curve strette e pendenze elevate; utilizzare sistemi di ventilazione intelligenti per controllare lo scambio tra le masse d’aria esterne e quelle sotterranee; usare purificatori d’aria; installare porte per banchine, utili, oltre che per la sicurezza dei passeggeri, anche per ridurre l’ingresso dell’aria contaminata dei tunnel nella piattaforma; effettuare manutenzione e pulizia di notte. Infine, una buona idea per utenti e operai della metro è quella di indossare mascherine chirurgiche, dispositivi in grado di diminuire in modo significativo l’esposizione alle particelle metalliche in sospensione, che numerosi studi scientifici hanno associato a malattie oncologiche, cardiovascolari, respiratorie. LEGGI TUTTO