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    Occupazioni a scuola, la circolare del ministro Valditara: “Gli studenti devono pagare i danni che hanno fatto”

    “Chi rompe paga”. È questo, in estrema sintesi, il senso della circolare che il ministero dell’Istruzione e del Merito guidato dal leghista Giuseppe Valditara ha inviato alle scuole. Quel che era già operazione diffusa negli istituti, ovvero chiedere alle famiglie il risarcimento dei danni dell’occupazione, viene ratificato da viale Trastevere. Anche se non mancano le polemiche.
    Le scuole devono denunciare i vandali
    “L’occupazione – si legge nella circolare firmata dal capo dipartimento, Carmela Palumbo – espone gli studenti a possibili reati, anche legati al danneggiamento di beni pubblici», che le scuole «sono tenute a denunciare».
    Chi rompe paga
    Per gli studenti anzitutto «occorre valutare l’applicazione delle misure disciplinari previste dal Regolamento di ciascun istituto». Ed è anche necessario «stimare la portata dei danni degli eventuali atti vandalici, considerando che troppo spesso se ne fa carico l’intera collettività e non gli autori». Per questo, scrive il Mim, «dovranno essere poste a carico degli studenti responsabili le spese per le pulizie straordinarie e per il ripristino di arredi, pc e ogni altra attrezzatura di proprietà della scuola».
    La premessa è quel che nei mesi prima di Natale è accaduto in molte città: «Anche in quest’anno scolastico – si legge ancora nella circolare – alcune scuole sono state teatro di occupazione da parte di gruppi di studenti che hanno impedito il regolare svolgimento delle lezioni, per periodi considerevoli, ledendo il diritto costituzionale allo studio della maggior parte degli studenti non aderenti alle occupazioni e causando, in molti casi, danni consistenti agli arredi sia fissi che mobili, alle dotazioni laboratoriali e alle strutture».
    «Molti dirigenti scolastici – si aggiunge – hanno messo in atto, sin dall’inizio, tutte le possibili strategie per far fronte a queste situazioni, mostrando la disponibilità al dialogo e all’ascolto e proponendo alternative quali l’assemblea o la co-gestione. Non sempre, tuttavia, si è raggiunto il risultato sperato, a volte anche a causa della presenza durante le occupazioni di soggetti esterni alle scuole», prosegue Palumbo, la quale «in questo momento in cui è necessario affrontare le conseguenze di quanto accaduto», ritiene «fondamentale ricordare che l’occupazione espone gli studenti a possibili reati, anche legati al danneggiamento di beni pubblici», che i dirigenti scolastici «sono tenuti a denunciare».
    Le misure disciplinari
    Da qui le misure disciplinari, «tenendo conto delle modalità delle occupazioni che nei casi più gravi hanno persino impedito l’accesso al dirigente scolastico e al personale di segreteria, causando non solo l’interruzione dell’attività didattica, ma impedendo anche il regolare svolgimento delle funzioni amministrative», conclude la circolare.
    La svolta dura dei presidi davanti alle occupazioni si è vista già nei primi scrutini di gennaio. Al liceo Tasso di Roma sono fioccati i cinque in condotta, le sospensioni, l’assegnazione di lavori extra per i ragazzi, l’ira dei genitori per le punizioni, oltre alle polemiche per i danni: ingenti secondo l’istituto, minori per famiglie e ragazzi a cui sono state chieste le spese per la sanificazione. Al Mamiani c’è stato il braccio di ferro con la preside sulla lista degli auto-denunciati e lo stop imposto dalla dirigente ai collettivi studenteschi. E ancora al Virgilio il processo ai ragazzi e alle ragazze, le lettere ai genitori a cui è stato allegato il bollettino per saldare le spese dei danni e le sanzioni proporzionali al livello di esposizione dei singoli ragazzi. LEGGI TUTTO

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    Docente accoltellata a Varese, parla la prof Valentina Petri: “Noi in prima linea come i medici. Ma oggi di maestri c’è ancora più bisogno”

    «Siamo sempre più soli ma essere insegnanti non è diventato un mestiere più pericoloso, è diventato un mestiere più necessario». Sostiene Valentina Petri, prof in un istituto professionale di Vercelli, scrittrice di scuola e della vita da insegnanti.
    Petri, ci sono già state 27 aggressioni a scuola da gennaio, 36 lo scorso anno. Cosa succede?
    «La scuola non è un’isola, succede quel che succede anche fuori. Se nella società c’è un aumento di casi di violenza, aumentano anche in aula».
    Cosa c’è dietro?
    «Ogni caso fa storia a sé ma io credo che ci sia un bisogno educativo fortissimo. Questi episodi sono la spia di un disagio enorme che sfocia in violenza. E i docenti sono in prima linea come lo sono i medici del pronto soccorso, alle prese con una fetta già molto fragile di persone, gli adolescenti, che anche nella più rosea delle ipotesi affrontano le loro difficoltà per l’età che hanno e la fase evolutiva che attraversano».
    Ci sono stati anche casi di presidi schiaffeggiati da genitori, docenti presi a testate da familiari.
    «La presenza delle famiglie si è fatta molto forte. Ed è tanto auspicabile e doverosa quando è costruttiva, tanto è deleteria quando delegittima il lavoro degli insegnanti, quando vuole spiegarti come si fa il nostro lavoro: difficilissimo da gestire».
    Cosa può fare una prof?
    «Solo il nostro mestiere, faticando moltissimo a costruire la relazione con gli alunni. Questo enorme lavoro può durare un quadrimestre, due, a volte cinque anni, talvolta nemmeno sappiamo se abbia dato i suoi frutti ma non possiamo mollare».
    Il ministro Valditara chiede che sia approvata subito la riforma della condotta. Gli studenti dicono che ci vogliono più sportelli psicologici. Lei cosa pensa?
    «Che si possono fare entrambe le cose. La risposta immediata è la sanzione dura, l’imposizione di una regola, ma il voto in condotta da solo è uno slogan sterile: un ragazzo violento non si comporta bene in automatico dopo una sospensione o una bocciatura. Sanzionare va bene ma poi ci dev’essere il momento per capire, costruire, educare. Spesso le richieste dei ragazzi sulle risorse per gli psicologi a scuola si liquidano dicendo: “Noi eravamo più educati e non avevamo nulla”. È una superficialità nella superficialità. Chi ha il potere e gli strumenti per farlo dovrebbe dare una lettura più ampia di così e intervenire».
    Alla violenza concorre la messa in crisi della scuola come istituzione?
    «Il lavoro dell’insegnante non ha più l’attrattiva sociale di un tempo. Nessuno è attratto dagli zeri dello stipendio, la burocrazia ci ha messo il carico da undici, e mentre tutti impazziscono per il prof interpretato da Alessandro Gassman, che prende e porta i ragazzi fuori, noi siamo controllati come i magazzinieri di Amazon. E da fuori siamo ancora vittime dello stereotipo dei privilegiati con tre mesi di ferie».
    Vale ancora la pena insegnare?
    «Per me è come chiedere a qualcuno in guerra se vale la pena salvare vite: vale sempre la pena».
    Lei lo fa in un professionale. Sono davvero le scuole più difficili?
    «Hanno questa fama anche se spesso, lavorandoci, si scopre che non è vero. Certo sono scuole che hanno anche una valenza sociale, dove si ha a che fare con ragazzi più fragili o provenienti da un contesto difficile. Ma sono le scuole dove si ha davvero il polso del Paese, che ti mettono in contatto con la realtà lontana da stereotipi, proclami, fiction. Insegnare qui vale la pena due, tre, mille volte in più perché ogni risultato raggiunto vale triplo ed è utile a tutti. Sembra retorica ma dopo 10 anni al professionale io ancora non cambierei mai scuola». LEGGI TUTTO

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    Spreco alimentare, nel 2023 finiti in discarica 4 milioni di tonnellate di cibo: 13 miliardi di euro buttati

    Beati i poveri “perché mangiano meglio dei ricchi”, aveva detto pochi mesi fa il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. Ma no, non è affatto così e a ribadirlo, se servissero, ci sono anche i dati. Tra chi fatica ad arrivare a fine mese e si autodefinisce di ceto “popolare” l’insicurezza alimentare aumenta del 280% rispetto al […] LEGGI TUTTO

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    “Ministro Urso, non cancelli il liceo economico sociale per il Made in Italy”: la lettera dei docenti

    Una lettera per chiedere al ministro Adolfo Urso chiarimenti sul destino del Les, il Liceo Economico Sociale, che nei piani del governo potrebbe essere sostituito dal liceo del Made in Italy, laddove questo dovesse prendere quota. A inviarla il Comitato Salviamo il Les, oltre 7mila firme alle spalle, per salvaguardare l’esperienza di questo indirizzo liceale avviato dieci anni fa e molto richiesto. «Liceo del Made in Italy e Liceo Economico Sociale – scrivono i firmatari della lettera – potranno vivere insieme e completarsi a vicenda, il primo come Liceo autonomo fin dal suo nascere, il secondo come opzione delle Scienze Umane». Se infatti il liceo del Made in Italy voluto da Fratelli d’Italia difficilmente riuscirà a partire già il prossimo anno (le adesioni al momento sono pochissime), il timore resta per il futuro. «La nostra è un’esperienza decennale – osserva la presidente del Comitato Cinzia Cotti che insegna in una scuola di Piacenza – che in tanti ci siamo impegnati per far crescere e che sta dando ottimi esiti. Crediamo sia giusto sia per i docenti sia per ragazzi e famiglie fare chiarezza».

    Pochi sì dalle scuole al liceo del Made in Italy. Falsa partenza per il sogno della destra

    di Ilaria Venturi

    16 Gennaio 2024

    Il testo della lettera
    “Onorevole Ministro Urso,
    siamo diverse centinaia di docenti di tutte le regioni d’Italia e le scriviamo per avere una risposta chiara e inequivocabile sul destino del Liceo Economico Sociale, indirizzo nel quale crediamo fortemente e che è stato messo in forse da circa un anno a causa della nascita del nuovo indirizzo Made in Italy, da Lei con altrettanta forza voluto. Come liberi cittadini abbiamo il diritto di sapere e Lei come nostro Ministro ha il dovere di rispondere.
    Ha veramente intenzione di estinguere con la forza un indirizzo valido ed in crescita, con la sola motivazione economica di farne nascere uno nuovo, ancora debole, a costo zero? Noi continuiamo a credere di no, nonostante ci stiano ripetendo insistentemente che sarà così. Noi la legge 206 del 27 dicembre 2023 l’abbiamo studiata con attenzione e l’interpretazione del comma 4 dell’articolo 18 ci sembra chiara: dove si attiverà una classe di Made in Italy e ci sarà un congruo numero di iscritti, questa prenderà il posto di una del LES, dove invece gli studenti continueranno a scegliere l’indirizzo Economico Sociale la loro libertà di scelta verrà rispettata.
    Un nuovo Liceo ha bisogno di tempo e di cure per crescere, ha bisogno di gente di scuola che ci investa e lo supporti, non può essere soltanto imposto. Moltissime infatti sono state le perplessità sollevate a questo riguardo negli ultimi giorni un po’ ovunque in Italia, prova ne è l’esiguo numero di classi di cui è stata chiesta l’attivazione.
    Liceo del Made in Italy e Liceo Economico Sociale potranno vivere insieme e completarsi a vicenda, il primo come Liceo autonomo fin dal suo nascere, il secondo come opzione delle Scienze Umane. Alcune persone hanno scritto, senza saperne nulla, che questi due Licei, MiI e LES, sono praticamente uguali, il che non è vero perché hanno orientamenti completamente differenti, infatti, nel Made in Italy scompaiono completamente le scienze umane, ma è proprio nella diversità che si può trovare un arricchimento.Aspettiamo fiduciosi la Sua risposta Signor Ministro e siamo certi che questa volta arriverà.
    Cordiali saluti”. LEGGI TUTTO

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    Educazione alle relazioni a scuola, ecco le tre garanti del progetto Valditara: Concia, Zerman e suor Monia Alfieri

    Una ex deputata del Pd, attivista Lgbtq+ e coordinatrice di Didacta, un’avvocata dello Stato dalla lunga carriera in cui figura anche la candidatura (nel 2018) con il Popolo della Famiglia e una religiosa delle Marcelline, rappresentante del Consiglio nazionale scuola della Cei, seduta ai tavoli del Mim sulle scuole paritarie. Anna Paola Concia, Paola Zerman […] LEGGI TUTTO

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    La lunga crisi dei licei classici, il prestigioso liceo D’Azeglio di Torino apre anche lo scientifico

    Il liceo classico dell’élite intellettuale, il Massimo D’Azeglio di Torino, apre le porte al futuro digitale e dal prossimo anno scolastico inaugura un corso di studi che diplomerà gli studenti con il titolo del liceo scientifico. Una novità a dir poco rivoluzionaria nello storico istituto di via San Quintino che negli anni della grande tradizione […] LEGGI TUTTO

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    Solarino: “Il mio Galfer, anche se è un liceo scientifico, mi ha fatto amare storia e filosofia”

    È il più antico liceo scientifico di Torino. A suo modo, un monumento nel panorama delle scuole superiori della città, anche perché il liceo statale Galileo Ferraris, per tutti il Galfer, festeggia proprio oggi i cento anni dalla sua istituzione con una giornata di celebrazioni che si svolge a partire dalle 12 nel cortile di ingresso dell’istituto, storicamente ubicato in corso Montevecchio. Alla presenza della nuova dirigente scolastica Antonietta Mastrocinque, del sindaco di Torino Stefano Lo Russo e dei rappresentanti della Regione Piemonte, dell’Ufficio Scolastico Regionale e della comunità scolastica, verrà anche svelata la targa commemorativa della ricorrenza della fondazione nel lontano 1923, segno di un prestigio che è sempre stato oggetto di una sana rivalità con un altro storico istituto, il liceo classico Massimo D’Azeglio.

    L’attrice Valeria Solarino, che a Torino ha vissuto per tutta l’infanzia e la giovinezza, dove si è formata artisticamente con Mauro Avogadro alla Scuola per Attori del Teatro Stabile, è stata anche una studentessa del Galfer negli anni ‘90. Valeria nella sua carriera è stata mille storie, mille vite, grazie al suo talento e al suo amore per il cinema e il teatro (da “La felicità non costa niente” di Calopresti fino a “Quando” di Veltroni e “The Cage – Nella gabbia” di Zanin, passando per “Rocco Schiavone” e “Gerico Innocenza Rosa”).

    La lunga crisi dei licei classici, il prestigioso liceo D’Azeglio di Torino apre anche lo scientifico

    Cristina Palazzo

    27 Ottobre 2023

    Solarino, che ricordi ha del Galfer?
    «La prima cosa che mi viene in mente sono i miei compagni, il gruppo di amici, non soltanto quelli della mia classe. Io ero nella sezione A, quella di tedesco, ma avevamo una grande compagnia di ragazzi».

    Avevate un luogo di ritrovo per il prima e il dopo scuola?
    «Per tutti noi esisteva una specie di punto di riferimento comune che chiamavamo “la seconda”, era la seconda fermata dell’autobus, un po’ più spostata verso la periferia, ci trovavamo sempre lì dopo scuola. Il Galfer per me, nei miei ricordi, sono soprattutto gli amici».

    C’è stata un’esperienza che le è rimasta impressa di quegli anni scolastici?
    «Sicuramente quella dell’occupazione, seppure non sia durata così a lungo è stata una fase di grande coesione e unione tra noi studenti del Galfer».

    Ha incontrato dei docenti che hanno influenzato il suo percorso di formazione?
    «Per me è stata fondamentale l’insegnante di storia e filosofia, mi ha fatto appassionare alla materia, infatti poi mi sono iscritta all’università proprio a filosofia, lei è stata determinante per questa decisione».

    Una delle peculiarità del liceo Galileo Ferraris è l’abbreviativo che tutti usano, Galfer, lo fanno anche per i professori. Era una strana consuetudine, quasi un modo confidenziale, anche quando lei era studentessa?
    «Beh sì, lo abbiamo sempre chiamato Galfer. È una bella cosa, per noi era un modo per sentirlo più nostro, era qualcosa di esclusivo. Io ricordo che mi sono iscritta al Galfer perché mio fratello, che è più grande di me, lo aveva fatto l’anno prima, e un po’ per seguirlo ho optato per la stessa scelta. In verità, ripensandoci, il nome Galfer lo davo per scontato e mi divertiva, ora penso che lo chiamassimo così per creare un senso di appartenenza». LEGGI TUTTO

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    Scuola, presidi a caccia di supplenti: stipendi bassi, caro-affitti e distanza spingono i docenti a trovare altri lavori

    Dopo tre settimane di lezioni, presidi ancora in cerca di supplenti da inviare in classe. La carenza di insegnanti per alcune discipline è particolarmente sentita al nord e nella scuola secondaria di secondo grado. Ma anche al sud e negli altri ordini di scuola alcune cattedre attendono ancora di essere occupate. Mancano gli assistenti, bambino […] LEGGI TUTTO