consigliato per te

  • in

    Ecco come ci libereremo dei combustibili fossili

    Le luci dell’accordo raggiunto alla Cop28 hanno uno scopo chiaro: illuminare il cammino per liberarci dai combustibili fossili nel tempo. Quando accadrà, non è noto: la sfida fissata è arrivare al 2050 all’azzeramento delle emissioni che alterano il clima, ma non essendo quelli di Dubai accordi vincolanti non c’è certezza su come i singoli paesi metteranno a terra le azioni e le politiche necessarie per riuscirci. Il cammino verso il futuro disegnato a Dubai è lungo: primo step fra due anni, quando nel 2025 conosceremo nel dettaglio gli aggiornamenti dei Piani nazionali climatici (Ndc) dei vari Paesi, ma nel frattempo si può ipotizzare cosa dovrà accadere nel mondo per raggiungere la transizione dai combustibili fossili richiesta alla Cop.

    L’economista Sachs: “Bene l’accordo ma il difficile viene ora: i maggiori inquinatori riducano le emissioni”

    di Eugenio Occorsio

    14 Dicembre 2023

    ?
    Di quanta energia rinnovabile avremo bisogno?
    Per poter “produrre e consumare” meno petrolio, gas e carbone va centrato entro sette anni un obiettivo: triplicare le energie rinnovabili e raddoppiare l’efficientamento energetico. Secondo Francesco La Camera, direttore di Irena, agenzia internazionale per le energie rinnovabili, dobbiamo riuscire a passare da un tasso annuale di 300 Gw a “un ambizioso 1000 GW” e per farlo dobbiamo concentrarci su tre priorità: «Infrastrutture fisiche, politica e regolamentazione, capacità istituzionale e umana».
    Ad oggi per capacità installata di energia rinnovabile a livello mondiale guidano le classifiche la Cina, che è già oltre i 1000 GW, Usa, Brasile, India e Germania. Ma solare ed eolico si stanno sviluppando sempre di più anche in economie meno forti, dall’Uruguay alla Lituania, dimostrando come sia possibile intraprendere il taglio delle emissioni del 43% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 2019) che ci chiede con urgenza la Scienza.
    Ipoteticamente, al netto delle condizioni dei vari Paesi, triplicare le rinnovabili porterà al taglio delle emissioni richiesto ma solo a patto che parallelamente non crescano quelle legate al fossile.
    Un esempio chiaro è la Cina, che è oggi sia leader nella produzione e lo sviluppo ad esempio di solare ed eolico, oltre che primo investitore, sia uno dei più grandi paesi emettitori di carbonio al mondo, dato che buona parte dell’economia cinese si basa ancora su centrali a carbone e uso del petrolio. Lo stesso vale per l’India: se non cambieranno queste doppie vesti, l’obiettivo di azzeramento resterà lontano.

    Da “uomo del petrolio” a “eroe della Cop”. Chi è Sultan al Jaber

    di Luca Fraioli

    13 Dicembre 2023

    ?
    Fino a quando ci baseremo sui combustibili fossili?
    Intorno al 2030, secondo la Iea, agenzia internazionale dell’energia, è previsto il picco delle fonti fossili, poi ci dovrà essere una discesa possibile solo se i grandi paesi emettitori, dimostreranno di poter contemporaneamente aumentare le rinnovabili e ridurre la dipendenza da petrolio, gas e carbone. Su questo non è d’accordo l’Opec, l’organizzazione dei produttori di petrolio, che invece ipotizza nei suoi scenari come la domanda globale di petrolio continuerà a crescere almeno fino al 2045 e nei prossimi decenni sarà trainata dai Paesi non Ocse mentre diminuirà altrove. Capire quando e se inizierà davvero la fine dell’era delle fossili è estremamente complesso: ora però la nuova linea dettata dalla Cop28 di Dubai indica la necessità di avviare una “transizione”, da cavalcare anche utilizzando le tecnologie che ci permettano di non emettere.
    ?

    Da “uomo del petrolio” a “eroe della Cop”. Chi è Sultan al Jaber

    di Luca Fraioli

    13 Dicembre 2023

    Quali tecnologie abbiamo a disposizione?
    Oltre a solare, eolico, idroelettrico, le altre aperture fatte dall’accordo di Dubai sono su nucleare, “combustibili di transizione” e cattura e stoccaggio della C02.

    Sul nucleare 22 paesi, tra cui Francia e Regno Unito, si sono accordati per triplicarlo entro il 2050. Le centrali esistono in tutto in una trentina di nazioni, per un totale di oltre 420 reattori, ma è chiaro che questo sistema a basse emissioni, utile per ottenere elettricità smarcandosi dal fossile, non è per tutti.

    I tempi per le centrali anche di nuova generazione, come i mini reattori che piacciono all’Italia, non sono infatti mai inferiori ai 10 anni: significherebbe averle pronte intorno al 2040, anno in cui la Ue punta già a raggiungere il taglio del 90% delle emissioni. O si hanno già infrastrutture e mezzi, come la Cina che mira a 150 nuovi reattori in 15 anni, o è una partita rischiosa per centrare il net zero.

    Se per abbattere le emissioni l’Europa si è concentrata per esempio sul divieto di motori endotermici al 2035, altrove come in Arabia Saudita o Emirati puntano sulle tecnologie CCS, cattura e stoccaggio CO2, in modo da poter continuare a produrre petrolio . Anche queste tecnologie sono state citate nell’accordo, eppure sono bocciate dalla maggior parte degli scienziati che le giudicano “inefficaci” sul breve termine.
    Infine nel testo di Dubai si parla dell’uso di “combustibili di transizione” in modo molto vago, senza comprendere per esempio se includano, come vorrebbe l’Italia, il gas naturale liquefatto o i biocarburanti.
    Ovviamente, per immaginare davvero un 2050 a zero emissioni, c’è poi la grande speranza per un rapido sviluppo della fusione nucleare, anche se difficilmente vedrà la luce prima di 15 anni, ma, come sappiamo, il tempo degli sforzi utili a rimanere entro i +1,5 gradi è ormai scaduto. LEGGI TUTTO

  • in

    Cop28, ecco lo storico accordo sul clima raggiunto a Dubai: “transition away” sui combustibili fossili entro il 2050

    “E’ un accordo storico e no sono orgoglioso. Per la prima volta in assoluto c’è un linguaggio sull’uscita dei combustibili fossili”. Le parole di Sultan Al Jaber innescano uno scroscio di applausi nella sala della plenaria di Cop28.In prima fila John Kerry e l’inviato speciale cinese Xie Zhenhua, applaudono e si danno la mano. La […] LEGGI TUTTO

  • in

    Intervista al ministro Pichetto Fratin: “Siamo per il nucleare ma no a nuove centrali”

    DUBAI — «Sì al nucleare, ma mai più centrali atomiche in Italia». Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin coglie l’occasione della sua presenza alle giornate finali della Cop28, per chiarire la politica climatica del governo. Lo fa, subito prima di un bilaterale con il ministro dell’Energia saudita Abdulaziz bin Salman, tornando sullo scivoloso argomento dell’energia atomica.
    Proprio qui a Dubai, nelle giornate inaugurali della 28esima Conferenza Onu sul clima, la premier Giorgia Meloni era apparsa assai tiepida sul nucleare tradizionale (quello basato sulla fissione atomica), optando per la più pulita (ma futuribile e ancora tutta da sperimentare) fusione.
    E questo dopo che i partiti di governo in Parlamento e lo stesso Pichetto Fratin si erano dati da fare per rimettere in moto l’atomo made in Italy, con il varo nei mesi scorsi di una Piattaforma per il nucleare sostenibile.
    Ministro Pichetto Fratin, è cambiata la politica del governo sul nucleare?
    «Assolutamente no. Ma voglio precisare che noi non costruiremo mai nuove centrali nucleari in Italia. Lo Stato non realizzerà reattori, saranno eventualmente i distretti industriali o le singole aziende energivore a dotarsi di piccoli reattori modulari di quarta generazione. Lo Stato si limiterà a essere un soggetto regolatore. La Piattaforma che abbiamo lanciato continua a lavorare e non si occupa solo di fissione ma anche di fusione».
    Si aspettava che in questa Cop emiratina diventasse centrale il dibattito sull’addio ai combustibili fossili?
    «Mi aspettavo la posizione degli Emirati Arabi: fin dalla Pre-Cop di un mese fa avevano manifestato l’intenzione di avviare l’uscita dai fossili, che però sarà necessariamente graduale».

    Cop28, l’Opec fa muro per evitare l’uscita dai combustibili fossili. La Ue: “Disgustoso”

    di Luca Fraioli

    09 Dicembre 2023

    I rappresentanti Ue, a cominciare dalla vicepremier spagnola Teresa Ribera, spingono decisamente per l’uscita dai fossili. È una posizione condivisa dall’Italia?
    «Noi siamo allineati alla Ue, ma partecipiamo attivamente alla discussione. Perché il phase out dei fossili deve valutare anche le condizioni dei singoli Paesi. E il nostro è ancora fortemente dipendente dai fossili, con una serie di imprese che non possono arrivare alla decarbonizzazione pura. Occorre individuare percorsi di transizione per le imprese altamente energivore, magari adottando nuove tecnologie come la cattura della Co2 emessa, o, appunto, i piccoli reattori modulari».
    L’Italia ha firmato l’accordo per triplicare, a livello globale, le rinnovabili installate entro il 2030?
    «Sì. Anche perché si tratta di un obiettivo che era già stato incluso nel nostro Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec). Il solare crescerà da 21.650 megawatt (2020) a 79.921 nel 2030 (+369,15%) e l’eolico passerà da 10.907 megawatt a 28.140 (+258%)».

    Il cauto ottimismo alla Cop28: “Triplicando le rinnovabili si può ridurre il petrolio”

    di Luca Fraioli

    07 Dicembre 2023

    Questo sulla carta. Nella realtà l’Italia fa molta fatica a realizzare nuovi parchi eolici e fotovoltaici.
    «Abbiamo un territorio particolare, per i due terzi montano o collinare, con un patrimonio di beni culturali enorme e un comparto agricolo importante. Quindi dobbiamo usare tutta una serie di cautele, trovare percorsi compatibili con la tutela del territorio o delle attività. Ma ci arriveremo».
    Le ha attirato critiche il ritardo del decreto sulle “aree idonee”, che avrebbe dovuto snellire le procedure. A che punto è?
    «Ho chiuso il confronto con le Regioni e uscirà nelle prossime settimane».
    Alla luce di quanto sta emergendo in questa Cop28 (auspicato addio ai fossili e triplicazione delle rinnovabili) come valuta l’operato di Eni ed Enel? Eni continua a comprare combustibili fossili e in uno studio appena pubblicato risulta il principale partner straniero di Adnoc, la compagnia degli Emirati. Il Financial Times ha sottolineato il taglio degli investimenti in rinnovabili da parte di Enel…
    «Per quanto riguarda Eni, i combustibili fossili, e nel nostro caso soprattutto il gas, servono ad accompagnare il cammino verso la neutralità carbonica. È un percorso che va portato a termine nel 2050, e nei prossimi trent’anni il nostro Paese avrà un ruolo assai diverso rispetto anche al recente passato. L’Italia diverrà centrale, perché il gas arriverà da Sud invece che da Nord: saremo probabilmente noi che lo dovremo fornire a Paesi come l’Austria, la Germania o l’Ungheria. Questo significa incrementare, con il piano RePower Eu, i nostri gasdotti. Ma comunque il Pniec prevede una diminuzione entro il 2030 di oltre 10 miliardi di metri cubi nel consumo. Nel caso di Enel, invece la valutazione del nuovo management credo abbia a che fare con il bilancio aziendale. È una società grande e importante, con un grande forza ma anche con un forte indebitamento. Per poter investire quanto necessario sulle infrastrutture di decarbonizzazione in Italia, in particolare le reti, è comprensibile che disinvesta nelle realtà in cui ha una presenza marginale». LEGGI TUTTO